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Quando un insuccesso diventa icona: Comic Sans

“Se non ti piace il Comic Sans, non sai niente di design”. Quanti di noi sono d’accordo con questa affermazione?

A pronunciarla è stato Vincent Connare, padre della font più odiata della storia per la sua bruttezza e irregolarità. Quella del Comic Sans è la storia di un insuccesso che tuttavia, nel bene o nel male, è diventato icona: scopriamo perché.

Indice

  1. La font dei fumetti
  2. Comic Sans sì, Comic Sans no
  3. Gli usi socialmente accettati del Comic Sans
  4. In conclusione

La font dei fumetti

Concepito inizialmente per le istruzioni del simpatico cane illustrato di Microsoft “Bob”, un pacchetto software che avrebbe dovuto essere facile da usare, il Comic Sans conobbe la sua vera diffusione quando venne adottato come font secondaria di Microsoft 95. Da allora, la sua circolazione fu spropositata: si cominciò a utilizzarlo sui biglietti di auguri, negli spot pubblicitari, sulle fiancate delle ambulanze e perfino sulle lapidi.

Comic Sans sì, Comic Sans no

Con il tempo, blogger, addetti ai lavori e appassionati di grafica si scagliarono contro il Comic Sans e il suo creatore: nacque perfino un’azienda a domicilio che produceva gadget con la scritta “Ban Comic Sans”.
Nonostante tutto, rimane ancora oggi popolarissimo; secondo Connare proprio perché “non sembra una font”.

Gli usi socialmente accettati del Comic Sans

Gli usi socialmente accettati del Comic Sans

  1. Quando ci si rivolge un pubblico inferiore agli 11 anni;
  2. Quando si sta lavorando a un fumetto o una graphic novel;
  3. Quando si è in un contesto infantile, frivolo e leggero.

In conclusione

Come spesso accade, la comunicazione funziona se è coerente rispetto al contesto e al target. La storia del Comic Sans ci insegna che non c’è nulla di giusto o sbagliato a prescindere. Tutto dipende dall’uso che ne fai.

E voi? Cosa ne pensate del Comic Sans?